Cancro ovarico: un nuovo esame del sangue può offrire un trattamento personalizzato

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Un nuovo esame del sangue permette ai medici di predire quali pazienti con tumore ovarico risponderanno a particolari tipi di trattamento. Gli scienziati dell’Università di Manchester compiono un importante passo avanti verso una cura personalizzata di questo tumore femminile.

Gli scienziati dell’Università di Manchester e del The Christie NHS Foundation Trust (parte del Research Cancer Centre di Manchester) compiono un importante passo avanti nel trattamento del cancro ovarico, una patologia che colpisce le donne e che ha tassi di sopravvivenza che non hanno visto aumenti negli ultimi anni. Per questo motivo, i ricercatori sono alla ricerca di nuove strategie di trattamento per migliorare l’approccio standard con chirurgia e chemioterapia.

Poter offrire un trattamento personalizzato potrebbe risolvere molti problemi, tra cui la mancata risposta da parte di alcune pazienti a determinati trattamenti: questo permetterebbe di evitare trattamenti inutili e una perdita di tempo che, in questi casi, si rivela preziosa.
Da questa constatazione, il team di ricerca ha esaminato i campioni di sangue di pazienti arruolate in uno studio internazionale sul bevacizumab, un farmaco che arresta la crescita di nuovi vasi sanguigni, o angiogenesi. Le partecipanti allo studio hanno ricevuto o il trattamento standard di chemioterapia da sola o la chemioterapia più il farmaco.

«Siamo ansiosi di identificare biomarcatori predittivi, ossia misure che possono indicare quanto bene una paziente risponderà alla terapia, perché così possiamo meglio indirizzare questi farmaci ai pazienti con maggiori probabilità di trarre beneficio – spiega Gordon Jayson, professore di Oncologia Medica presso l’Università di Manchester e Consulente Onorario presso il Christie – Abbiamo studiato i livelli di una serie di proteine in campioni di sangue pre-trattamento delle pazienti per vedere se sono stati associati con una migliore sopravvivenza».

I risultati dello studio pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research, mostrano che due proteine particolari: ANG1 e Tie2, potrebbero essere utilizzate in combinazione per predire la risposta del paziente al trattamento. I pazienti con elevati livelli di ANG1 e bassi livelli di Tie2 hanno mostrato di avere più probabilità di beneficiare dell’uso del bevacizumab – entrambe queste proteine sono coinvolte nel controllo della formazione di nuovi vasi sanguigni.
Al contrario, si è trovato che i pazienti con alti livelli di entrambe le proteine non hanno ottenuto benefici dall’uso supplementare del farmaco.

«Ora noi cercheremo di esplorare ulteriormente il potenziale di utilizzo di un esame del sangue per personalizzare il trattamento per le pazienti con cancro ovarico – conclude la prof.ssa Caroline Dive, del Cancer Research UK Manchester Institute – Indirizzarsi verso un piano di trattamento più personalizzato, specifico per ogni paziente e il loro particolare tumore, è la chiave per migliorare i risultati [dei trattamenti] per i pazienti, risparmiando dai possibili effetti collaterali della terapia coloro che è improbabile traggano beneficino ».

“The combination of circulating Ang1 and Tie2 levels predict progression free survival advantage in Bevacizumab-treated ovarian cancer patients”.
Alison Backen, Andrew Renehan, Andrew Clamp, Carlo Berzuini, Cong Zhou, Amit M. Oza, Selina Bannoo, Stefan J. Scherer, Rosamonde E. Banks, Caroline Dive, and Gordon C. Jayson.

fonte: LaStampa.it

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A cura di: Indc onlus
Categories: articoli & approfondimenti | Tags: , , | Leave a comment

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